Alla Federazione giungono segnalazioni di Ordini riferite all’erogazione di prestazioni professionali rese da medici veterinari titolari di rapporti di impiego/collaborazione con aziende mangimistiche - ma anche con aziende produttrici di farmaci, integratori e seme congelato, ecc. - fornite dalle stesse come “bonus” o “incentivo” sull’acquisto del mangime.
Prestazioni che attengono non già e non solo alla consulenza in tema di alimentazione (o del settore di riferimento) ma riguardano attività cliniche a tutto tondo, ovviamente sottratte all’obbligo di fatturazione che è invece collegato ad ogni prestazione del libero professionista. È di solare evidenza che la ragione sociale di chi produce e vende mangimi non consente di commerciare insieme agli alimenti prestazioni professionali.

Con una nota indirizzata agli organismi ordinistici provinciali la FNOVI ha promosso una indagine per “accertare il realizzarsi di condotte idonee a configurare ipotese di violazioni non solo dal punto di vista deontologico, ma anche di norme che disciplinano ad esempio la concorrenza, l’evasione fiscale e previdenziale, nonché il reato di comparaggio, coinvolgendo nelle ricerche - quando ritenuto opportuno - anche le competenti autorità giudiziarie”.
Nella nota a firma del Presidente FNOVI si stigmatizza l’opacità di questo tipo di operazioni che coinvolgono il sistema aziendale e l’area sanitaria nella quale opera il medico veterinario.
È questione di cultura, non necessariamente di cultura giuridica. È di tutta evidenza che quando si confondono ruoli si è in presenza di situazioni equivoche”.

Fonte: 
Ufficio stampa FNOVI