Secondo l'Agcm le nuove previsioni determinano una ingiustificata inversione di tendenza rispetto al processo di liberalizzazione avviato nel 2006 con la cosiddetta "riforma Bersani" (d.l. 223 del 2016) e proseguito con interventi normativi più recenti.
Una ingiustificata restrizione della concorrenza è stata rinvenuta nel passaggio della nuova norma che impone che il direttore sanitario delle strutture sanitarie private di cura sia iscritto all’Ordine territoriale nel cui ambito ha sede la struttura in cui opera, in quanto questa precisazione non trova "nessuna giustificazione in esigenze di interesse generale".
Ciò espresso appare utile chiarire che il parere dell'AGCM non comporta alcuna conseguenza immediata sulla disciplina in commento. Dal primo gennaio di quest’anno tutte le strutture dovranno dotarsi di Direttore sanitario iscritto all’Albo dove hanno sede operativa, e per porre rimedio alla eventuale discordanza con le previsione di legge, ci sono a disposizione 120 giorni di tempo dalla pubblicazione della Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2018 - Serie generale).
La possibilità di esprimere pareri sulle norme che regolano il mercato, di segnalare al Parlamento, al Governo e ad enti territoriali le situazioni distorsive della concorrenza rientra tra le funzioni dell’AGCM ma non incide sull’entrata in vigore, nonché sulla applicabilità, di una legge dello Stato.
L'AGCM ha inoltre denunciato come le nuove norme conferiscano all'Autorità per le garanzie delle comunicazioni (Agcom) una competenza a vigilare sul rispetto dell’informativa sanitaria, determinando una contrapposizione di competenze tra le due istituzioni. In questo senso, verrebbe infatti violata la competenza generale dell'Autorità di vigilare sul rispetto delle disposizioni introdotte nel codice del consumo, che riconosce all'AGCM il compito di intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta.
Nel parere l’Autority ha infine evidenziato l'importanza della pubblicità nelle dinamiche concorrenziali quale cruciale leva competitiva. In quest'ottica, l'istituzione ha criticato scelta di ancorare le comunicazioni informative all'unico fine di "garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari". Secondo l'Autorità la norma pregiudica ogni utilità della pubblicità ai fini commerciali senza che ciò possa garantire una maggiore la sicurezza dei trattamenti, che a loro volta dipendono unicamente dalle misure concretamente adottate dai professionisti nell’esercizio della propria attività.

Fonte: 
Ufficio stampa FNOVI