Il disegno di legge S. 867 – Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni - recentemente licenziato dalla Camera dei Deputati - esordisce con l'individuazione delle professioni sanitarie e socio-sanitarie: il testo infatti richiama la legge n. 3/2018, cosiddetta Legge Lorenzin, che ha riordinato gli Ordini professionali dell'area sanitaria.

Più in dettaglio, l'art. 4 di tale legge elenca le professioni sanitarie: medici-chirurghi, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, fisici, chimici, infermieri, ostetriche, tecnici di radiologia medica, tecnici della riabilitazione e della prevenzione. L’art. 5 elenca le professioni sociosanitarie: gli operatori socio-sanitari, gli assistenti sociali, i sociologi e gli educatori professionali. L'art. 6 e 7 disciplinano le modalità per individuare e istituire le nuove professioni sanitarie di osteopata e chiropratico, mentre l'art. 8 e 9 trattano dell'ordinamento dei chimici, dei fisici, dei biologi e degli psicologi.

Tra le principali novità introdotte si prevede l’aggravamento delle pene per le lesioni gravi (da 4 a 10 anni) o gravissime (da 8 a 16 anni) procurate in danno di personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell’esercizio delle sue funzioni o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell’esercizio o a causa di tali attività.

Viene poi inserita tra le circostanze aggravanti comuni del reato, l’aver agito nei confronti di tali soggetti nei delitti commessi con violenza e minaccia. Quando ricorre l’aggravante, inoltre, è prevista la procedibilità di ufficio per i reati di percosse (art. 581 c.p.) e lesioni (art. 582 c.p.).

Nella versione approvata a Palazzo Montecitorio non è più presente l’obbligo per le aziende sanitarie, per le pubbliche amministrazioni e per le strutture e servizi sanitari, socio-sanitari e sociali pubblici, privati o del privato sociale, di costituirsi parte civile nei processi di aggressione nei confronti dei propri operatori. 

Al fine di prevenire episodi di aggressione o di violenza, alle strutture presso le quali opera il personale è chiesto di prevedere, nei propri piani per la sicurezza, misure volte a stipulare specifici protocolli operativi con le forze di polizia, per garantire il loro tempestivo intervento.

È stato poi istituito presso il Ministero della salute un Osservatorio nazionale permanente con compiti di monitoraggio e di prevenzione dei fenomeni di violenza. La Camera dei Deputati ne ha modificato la composizione prevedendo che per la sua metà sia formato da rappresentanti donne. Ne faranno parte gli Ordini professionali e i sindacati di categoria.

Con il provvedimento è stata istituita anche la 'Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari': una iniziativa che ha come obiettivo quello di sensibilizzare la cittadinanza a una cultura che condanni ogni forma di violenza.

Per i vertici ordinistici degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie l’approvazione del Disegno di Legge è stata accolta come un segnale forte di presa di coscienza del problema da parte della Politica e delle Istituzioni. Unanime l'auspicio di una rapida conclusione dell’iter e, soprattutto, nell’inizio di una nuova era della sanità, che consideri il diritto alla sicurezza degli operatori come intrinsecamente legato al diritto alla tutela della salute dei cittadini.

Il rapporto presenta una panoramica relativa all’ambito della sanificazione di superfici e ambienti interni non sanitari per la prevenzione della diffusione dell’infezione COVID-19.
Le indicazioni si basano sulle evidenze, a oggi disponibili, relativamente alla trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2, della sopravvivenza del virus su diverse superfici e dell’efficacia dei prodotti utilizzati per la pulizia e la disinfezione/sanitizzazione dei locali. 

Le indicazioni considerano anche l’impatto ambientale e i rischi per la salute umana connessi al loro utilizzo.

Una sintesi dei contenuti del rapporto è pubblicata sul portale del Ministero della salute.

Sono finora 143 gli operatori sanitari italiani che hanno perso la vita mentre facevano il proprio lavoro, per tentare di salvare i pazienti affetti da Covid-19. Una strage silenziosa, spesso dovuta alla scarsità delle strutture di assistenza intensiva, alla mancanza di personale (10mila medici in meno), alla insufficienza di strumenti di protezione antinfettiva, dovuti al forte definanziamento del sistema sanitario nazionale negli ultimi 12 anni. Il coronavirus si è abbattuto con violenza sui malati e sui sanitari tutti. Molti sono morti, lasciando famiglie e spesso figli”.

Così in una nota l’Onaosi (Opera Nazionale Assistenza Orfani dei Sanitari italiani) che, per essere concretamente al fianco di quanti hanno pagato e pagano le conseguenze dell’epidemia, ha deciso di estendere i propri servizi anche ai figli rimasti orfani di sanitari che attualmente non sono contribuenti della Fondazione.

La decisione del CdA di Onaosi, prosegue la nota della Fondazione, fa seguito a un’altra serie di iniziative per stare al fianco delle categorie sanitarie italiane già prese nei giorni successivi all’esplosione dell’epidemia. 

Sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità è  stato pubblicato  il rapporto Animali da compagnia e SARS-CoV-2: cosa occorre sapere, come occorre comportarsi redatto dal Gruppo Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare.Le indicazioni sono coerenti con  quelle già diffuse da Fnovi fin dall’inizio della pandemia per l’erogazione di prestazioni medico veterinarie nel rispetto delle misure di contenimento del virus a tutela della salute di pazienti animali, proprietari e professionisti.

Il documento, come si legge sulla pagina del comunicatofa il punto sugli studi più recenti relativi alla suscettibilità di alcune specie animali e offre indicazioni su come migliorare le conoscenze per la gestione degli animali da compagnia nell’attuale contesto epidemico

Il documento proposto fa seguito alle risultanze emerse in occasione della videoconferenza tenutasi lo scorso 17 aprile u.s. tra i referenti del Ministero della Salute ed i componenti della Consulta permanente delle professioni sanitarie e socio-sanitarie sul tema dei diversi profili giuridici di responsabilità professionale.

Nell'inviare la proposta di modifica della Legge 8 marzo 2017, n. 24 e dell’articolo 590 sexies del Codice penale, i professionisti socio-sanitari hanno richiamato l'impegno profuso nello svolgimento delle proprie competenze professionali per “far fronte all’intervenuta urgente esigenza di cura collettiva, ponendo al centro l’interesse e la cura dei malati, a discapito della salute degli stessi operatori” indicando pertanto la necessità di inserire nell’ordinamento “una disposizione di carattere eccezionale che ne limiti la responsabilità ai soli casi di dolo”.

Le Federazioni ed i Consigli Nazionali delle professioni sanitarie e socio-sanitarie hanno anche accennato alla responsabilità delle strutture ospedaliere pubbliche e private coinvolte nella gestione della pandemia - tutte “costrette a fronteggiare il fenomeno con scarse risorse disponibili, profondendo il massimo impegno possibile per organizzare in modo ottimale il sistema e renderlo il più adeguato possibile per fronteggiare la situazione” - sostenendo così la proposta di limitare gli interventi alle fattispecie previste all’articolo 7 della legge 24/2017.

Ad accompagnare la proposta non è poi mancata una valutazione politica che ha stigmatizzato come le scelte assunte negli anni precedenti abbiano provocato un impoverimento del Servizio Sanitario Nazionale tale da renderlo inadeguato alle esigenze ordinarie di sanità da parte della collettività e, conseguentemente, impreparato a fronteggiare l'eccezionale emergenza sanitaria che il Paese sta attraversando.