E’ pubblicata sul sito del Ministero della Salute la relazione per il 2017 del Piano nazionale per la ricerca dei residui farmacologici veterinari nei prodotti alimentari di origine animale, che viene predisposto annualmente sulla base delle indicazioni previste dalle norme europee e viene attuato a livello locale con la collaborazione delle autorità competenti regionali e locali, dei laboratori nazionali di riferimento e degli istituti zooprofilattici sperimentali.

Oggetto di indagine sono appunto i prodotti alimentari di origine animale, in cui vengono ricercate le sostanze farmacologicamente attive autorizzate per la fabbricazione di medicinali veterinari, le sostanze vietate (come quelle ad effetto anabolizzante) e i contaminanti ambientali.
Nel 2017 sarebbe risultato conforme ai parametri di legge, secondo la relazione, il 99.9% dei campioni analizzati nell’ambito del Piano, in accordo con il trend registrato negli anni precedenti in Italia e in Europa.
I campioni che hanno fornito risultati non conformi per la presenza di residui sono stati complessivamente 39. Sono stati analizzati 44.108 campioni, di cui:
- 15.919 per la ricerca di residui di sostanze appartenenti alla categoria A – sostanze ad effetto anabolizzante e sostanze non autorizzate (pari al 36% del totale delle analisi);
- 28.189 per la ricerca di residui di sostanze appartenenti alla categoria B – medicinali veterinari e agenti contaminanti (pari al 64% del totale).
Dei 39 campioni risultati non conformi:
- 2 sono risultati non conformi per la presenza di residui appartenenti alla categoria A
- 37 per il riscontro di residui di sostanze della categoria B.

Fonte: 
Ufficio stampa FNOVI
 

Secondo l'Agcm le nuove previsioni determinano una ingiustificata inversione di tendenza rispetto al processo di liberalizzazione avviato nel 2006 con la cosiddetta "riforma Bersani" (d.l. 223 del 2016) e proseguito con interventi normativi più recenti.
Una ingiustificata restrizione della concorrenza è stata rinvenuta nel passaggio della nuova norma che impone che il direttore sanitario delle strutture sanitarie private di cura sia iscritto all’Ordine territoriale nel cui ambito ha sede la struttura in cui opera, in quanto questa precisazione non trova "nessuna giustificazione in esigenze di interesse generale".
Ciò espresso appare utile chiarire che il parere dell'AGCM non comporta alcuna conseguenza immediata sulla disciplina in commento. Dal primo gennaio di quest’anno tutte le strutture dovranno dotarsi di Direttore sanitario iscritto all’Albo dove hanno sede operativa, e per porre rimedio alla eventuale discordanza con le previsione di legge, ci sono a disposizione 120 giorni di tempo dalla pubblicazione della Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2018 - Serie generale).
La possibilità di esprimere pareri sulle norme che regolano il mercato, di segnalare al Parlamento, al Governo e ad enti territoriali le situazioni distorsive della concorrenza rientra tra le funzioni dell’AGCM ma non incide sull’entrata in vigore, nonché sulla applicabilità, di una legge dello Stato.
L'AGCM ha inoltre denunciato come le nuove norme conferiscano all'Autorità per le garanzie delle comunicazioni (Agcom) una competenza a vigilare sul rispetto dell’informativa sanitaria, determinando una contrapposizione di competenze tra le due istituzioni. In questo senso, verrebbe infatti violata la competenza generale dell'Autorità di vigilare sul rispetto delle disposizioni introdotte nel codice del consumo, che riconosce all'AGCM il compito di intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta.
Nel parere l’Autority ha infine evidenziato l'importanza della pubblicità nelle dinamiche concorrenziali quale cruciale leva competitiva. In quest'ottica, l'istituzione ha criticato scelta di ancorare le comunicazioni informative all'unico fine di "garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari". Secondo l'Autorità la norma pregiudica ogni utilità della pubblicità ai fini commerciali senza che ciò possa garantire una maggiore la sicurezza dei trattamenti, che a loro volta dipendono unicamente dalle misure concretamente adottate dai professionisti nell’esercizio della propria attività.

Fonte: 
Ufficio stampa FNOVI

Con l’approssimarsi della scadenza del 28/02/2019 per la trasmissione dei dati al Sistema TS, l'Ispettorato Generale per la Spesa Sociale (I.GE.SPE.S.) ha chiesto a Fnovi di sollecitare l’invio dei dati nei termini previsti dalla vigente normativa, comunicando che alla data odierna la percentuale dei soggetti con credenziali di accesso al Sistema TS che ha iniziato ad inviare dati è pari solamente al 24%.
Per verificare quali siano i soggetti tenuti all'invio dei dati sono disponibili, oltre alle notizie pubblicate sul portale Fnovi, anche le FAQ del portale Sistema Tessera Sanitaria. 

Fonte: 
Ufficio stampa FNOVI

Per l’anno 2019, non rientrano altresì nell’obbligo della fatturazione elettronica i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema Tessera Sanitaria; è bene evidenziare che, a differenza dei casi sopra elencati, per questa fattispecie non vige un esonero bensì un vero e proprio divieto. Al riguardo, in un primo momento, l’articolo 10-bis D.L. 119/2018 aveva stabilito che “Per il periodo d’imposta 2019, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria … sono esonerati dall’obbligo della fatturazione elettronica …, con riferimento alle fatture i cui dati sono inviati al Sistema tessera sanitaria”.

In pratica, quindi, in base alla prima versione della norma, si trattava di un esonero che, peraltro, coinvolgeva i soggetti tenuti all’invio al STS, esclusivamente, per i dati inviati.
La Legge di Bilancio 2019 (articolo 1, comma 53, L. 145/2018) è intervenuta sulla disposizione stabilendo, invece, che “Per il periodo d’imposta 2019, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria … non possono emettere fatture elettroniche, con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema tessera sanitaria”. 
Le modifiche apportate sono di impatto sostanziale poiché: in primo luogo, hanno tramutato l’esonero in divieto e, in secondo luogo, ne hanno ampliato l’ambito applicativo. In altri termini, i soggetti obbligati all’invio al STS non hanno la possibilità di scegliere se emettere ugualmente la fattura elettronica per le operazioni i cui dati vanno trasmessi. Tale impossibilità riguarda non solo le operazioni i cui dati sono stati effettivamente inviati, ma anche quelle i cui dati avrebbero dovuto essere inviati, ma l’interessato ha espresso l’opposizione alla trasmissione.
Ciò che non è variato, invece, è il fatto che le operazioni interessate, prima dall’esonero e ora dal divieto, sono quelle effettuate nei confronti di persone fisiche private. Pertanto, vanno fatturate elettronicamente le operazioni rese a soggetti diversi dalle persone fisiche poiché i relativi dati non “sono da inviare al Sistema tessera sanitaria”.

In riferimento a notizie pubblicate in rete, la FNOVI precisa che nel suo comunicato del 12 dicembre 2018, relativamente alla prescrizione dei farmaci stupefacenti e psicotropi, al fine di evitare spiacevoli incomprensioni, ha invitato tutti gli iscritti a ricorrere alla prescrizione dei farmaci in tabella A (ex IIA) con sistema cartaceo tradizionale come previsto dal DM 309/90 e, in assenza di altre indicazioni da parte del Ministero ed essendo il sistema ancora sperimentale, di comportarsi allo stesso modo anche per i farmaci appartenenti alle tabelle B, C e D (ricetta non ripetibile timbrata e firmata).

Ha invitato altresì a prescrivere come previsto dal sistema con prescrizione elettronica dopo il 1 gennaio 2019, data indicata per l’entrata in vigore della REV anche se, a tutt’oggi, il Decreto non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e ciò salvo diversa indicazione da parte dell'Autorità competente, al momento peraltro non ancora pervenuta.

La FNOVI ha nell’occasione espresso inoltre preoccupazione per la difficoltà in cui tale situazione poneva due classi professionali (medici veterinari e farmacisti) in caso di mancata soluzione del problema nei confronti del paziente bisognoso di cura e del proprietario dell'animale.

Fonte: 
Ufficio stampa FNOVI